Numero 36
Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Ritratto d'autore di Claudio Cerritelli
- Interpretazioni di Bruno Bandini
- Intervista di Claudio Cerritelli
- Arte e Comunicazione di Maurizio Medaglia
- Arte e Tecnica di Fausta Squatriti
- Arte e Architettura di Saverio Ciarcia
- Esposizioni di Martina Ganino
- Poesia Visiva di Laura Monaldi
- Narrazioni di Marialisa Leone
- Scultura e Ambiente di Paolo Martore
- Utopie di Gianni Perillo
- Cinematografia di Pietro Torrisi
- Musei di Annalisa Ferraro
- Parole e Immagini di Ignazio Gadaleta, Valdi Spagnulo, Adriano Altamira, Christian Cremona, Marialisa Leone, Alec Von Bargen Piera Legnaghi, Alessandra Bonoli, Adolfo Lugli
- Osservatorio di Rosanna Ruscio, Claudio Cerritelli, Francesco Sbolzani, Matteo Zarbo, Sharon Di Carlo
- Poesia di Paola Fenini
Editoriale
L'immagine “sfigurata” del nostro bel paese è malinconica, non è possibile ignorare che una corretta gestione del patrimonio artistico e culturale riguarda la nostra salute fisica e mentale, che la tutela ambientale è condizione primaria per pensare il futuro senza inganni. La distruzione della natura va di pari passo con l’assalto speculativo, l’indifferenza verso una fruizione consapevole dei beni culturali si sposa con la logica basata sull’imperativo dell’intrattenimento. E’ fin troppo ovvio che ogni bene culturale sia fonte di ricerca dell’identità storica e civile di un paese, e invece nulla che sappia contrastare in modo persistente il degrado del patrimonio artistico e ambientale. Il fatto è che, a parte l’osservanza di precise competenze tecniche, si è alquanto liquefatto l’impegno politico per cambiare rotta, la dignità collettiva del bene culturale appartiene sempre meno al campo dell’educazione civile e morale e sempre più al profitto dei predatori.
La dimensione della città va costantemente ripensata e reiventata, le linee guida del suo miglioramento mi sembrano legate al rispetto della sua morfologia storica e all’innesto di nuove costruzioni capaci di interpretare l’identità stratificata dei luoghi. Il mito del grattacielo o della scenografia urbana strepitosa rispondono a scelte che non servono a nulla se non prevedono un progetto che regola l’insieme delle diverse tipologie, se non si calano nella memoria della città. Credo che il miglior coraggio consista nel seguire le reali necessità del vivere collettivo, nel modificare le deficienze strutturali e le anomalie dell’architettura stessa. Serve sensibilità e sapienza critica nel ridefinire ciò che si è costruito contrastando il degrado che avanza con progetti legati all’idea di funzione pubblica. Ammiro gli architetti che si pongono al servizio di una qualificazione estetica della città, senza cedere all’estasi del profitto, alle lusinghe del marketing. L’importante è che il cittadino non abbia mai la sensazione di sentirsi estraneo o escluso dall’ambiente in cui vive, infatti è l’armonia delle molteplici funzioni ciò che qualifica il modo di partecipare alle dinamiche future della città.
Nel panorama delle grandi esposizioni pubbliche si avverte che l’offerta è sempre più commisurata alla divulgazione delle opere di grandi artisti o movimenti artistici di sicuro richiamo, con strategie di comunicazione che riflettono soprattutto gli interessi del mercato delle mostre stesse. Quest’industria espositiva alletta un pubblico che si compiace di visitare esposizioni reclamizzate a tutto campo, senza mai sognarsi di entrare in una galleria d’arte contemporanea per rendersi conto che la ricerca va avanti e la conoscenza degli artisti del presente va coltivata con altrettanta attenzione. L’attualità in Italia è attraversata da molteplici fermenti creativi, una vera e propria mescolanza di linguaggi (dalla pittura alle nuove tecnologie) rispetto alla quale lo spettatore gode di una finta libertà di lettura, in realtà è sommerso da un flusso che travolge la possibilità di fermare lo sguardo, meditare, approfondire e costruire un vero rapporto conoscitivo con i linguaggi che mutano. Comunque sia, il polso vitale della situazione è – a mio avviso- sempre legato all’attività espositiva delle gallerie private, soprattutto quelle che, pur nella deprimente crisi, resistono e si spingono oltre la soglia garantita dei valori storici, esplorando situazioni di ricerca sconosciute, impegnandosi a sostenere e valorizzare il talento di artisti giovani e meno giovani. (c.c.)