Numero 39

Sommario
- Editoriale Claudio Cerritelli
- Ritratto d'autore Claudio Cerritelli
- Ricognizioni Alessia Ardente
- Interpretazioni Bruno Bandini, Giulia Ampollini
- Polemiche Massimo Mazzone
- Dialoghi Laura Tosca
- Esposizioni Matteo Binci, Rosanna Ruscio, Raffaella Pulejo Rosanna Guida, Massimo Mazzone
- Arte e scienza Gianni Perillo
- Architettura José Leonardo Prieto Fandiño
- Semiotica e architettura Bruno D’Amore e José Leonardo Prieto Fandiño
- Scultura Rosanna Ruscio
- Intervista Laura Tosca
- Parole e immagini Alessandro Fieschi, Marialisa Leone, Stefano Ogliari Badessi Oscar Accorsi, Federico Casati, Giorgio Occoffer
- Osservatorio Arturo Carlo Quintavalle, Claudio Cerritelli Lisa Andreani, Raffaella Nobili, Cristina Rossi
- Arte e pubblico Isacco Del Castello

Editoriale
Torna a farsi vivo il dibattito intorno alla disfunzione degli eventi espostivi, alla discutibile utilità delle cosiddette “mostre di cassetta”, questione che da diversi decenni serpeggia tra le pieghe dell’attualità, sempre tesa a rinnovare le sue ansie di protagonismo in cerca di consenso. Si tratta di un proliferante e ossessivo modello di intrattenimento culturale motivato da un’esigenza di democratizzazione piuttosto ambigua e contestabile. Alla quale non corrisponde alcuna logica espositiva fjnalizzata all’accrescimento conoscitivo dell’arte sia antica sia contemporanea, più che altro mirata in larga parte a stordire e ipnotizzare il pubblico di massa con un repertorio di mostre ad effetto, consacrate ad esaltare l’immagine dei grandi maestri e relative mitologie. Il carattere persuasivo -e in fondo diseducativo- di questi eventi spropositati è sotto gli occhi di tutti coloro che vorrebbero invece potersi confrontare con mostre di ricerca e di maggior approfondimento, non veloci e approssimative scorribande espositive, non si sa con quale benefjcio per il pubblico considerato una preda da stordire. È chiaro che la questione indica l’assenza di una tangibile progettualità delle istituzioni pubbliche preposte all’offerta culturale degna di questo nome. Altrettanto evidente è il prevalere di una visione strettamente legata alle regole del marketing, con il principale scopo di privilegiare il puro profjtto economico, piuttosto che la funzione educativa e formativa rispetto ai valori storico-artistici proposti. Di fronte a questo stato di profonda distorsione, le ipotesi per uscire dal pantano sono quelle capaci di porre in permanente discussione la poderosa macchina espositiva che persevera a nei modi schiaccianti che conosciamo. In quanto strumenti di una promozione culturale sottoposta all’immediata ricerca del consenso e al conseguente svilimento di un serio progetto divulgativo, di per sè stesso carico di problematiche tra le più diffjcili da risolvere nel contesto mediatico delle arti. I meccanismi di questa perversa strategia s’impongono senza alcun ritegno, al senso critico si preferisce l’intrattenimento svagato, alla graduale educazione visiva si antepone l’abbuffata indigesta, alla consapevole fruizione si sostituisce un rapporto disimpegnato con le opere. La lettura delle quali – proprio per l’implicita diffjcoltà dell’atto fruitivo- non dovrebbe mai porsi come un’esperienza intimidatoria ma neppure come un’avventura priva di un minimo senso storico-critico. Ideale sarebbe garantire mostre di qualità dove lo spettatore può relazionarsi – anche emozionalmente- con i materiali dell’arte, attraverso il fjltro di una consapevolezza diretta delle opere e dei loro molteplici signifjcati. Inoltre, al di là del consueto panorama delle “grandi rassegne”, sarebbe opportuno intensifjcare l’informazione intorno alle mostre dedicate al presente in atto, poco frequentate dal pubblico di massa, per lo più attratta dai mega-eventi e poco interessata – chissà perché - al contesto operativo dell’attualità. Credo che per conseguire ulteriori strumenti di lettura sia indispensabile che il grande pubblico si predisponga a visitare con continuità anche le mostre proposte dal sistema militante del contemporaneo. Si tratta di conoscere le ricerche di artisti certo meno famosi ma comunque in grado di comunicare la dimensione creativa del presente amplifjcando la consapevolezza critica dell’arte come identità sociale e funzione immaginativa. (c.c.)