Numero 5

Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Il piacere della polemica di Aldo Tagliaferri
- Quale critica di Lea Vergine
- Attualità di Enrico Baj
- Esercizi di lettura di Lorenzo Mango
- Ritratto d'autore: Piero Ruggeri di Bruno Bandini
- Interviste possibili di Annamaria Janin
- Memoria continua di Mario Nigro
- Luoghi della scultura di Claudio Cerritelli
- Presenza del passato di Maurizio Medaglia
- Voci di galleria di Marco Marchini
- Parole e immagini di Davide Benati, Lucio Del Pezzo, Fernando De Filippi, Riccardo Guarneri, Tullio Pericoli, Fausta Squatriti
- Viaggi su carta di Selim Abdullah
- Poesie per l'arte di Andrea Zanzotto
- Divagazioni di Paolo Iacchetti
- In primo piano di Eugenio Carmi
- Figure diverse di Dario Giugliano
- Congiunzioni di Stelio Maria Martini
- Osservatorio di Luciano Caramel, Giordano Viroli, Anna Maestri
- L'arte fotografata di Salvatore Mazza
- Arte e architettura di Nino Mustica
- Personaggi di celluloide di Bruno Bandini
- Racconti di design di Patrizia Mello
- Doremifasollasido di Jasmine Pignatelli
- Percorsi espositivi di Maria Canestri
Editoriale
Questo numero di Nuova Meta si avvia ad essere l'unico possibile per l'anno in corso, a costituire il segno simbolico della sua sopravvivenza, del suo attuale "lento respiro". La meta è proprio quella di non interrompere il lavoro in atto, di continuare ad offrire la minima testimonianza di un corpo vivo, per quanto segregato, come quello dell'arte.
Di questo corpo ci interessa la parte nascosta, quel pensiero e quella riflessione che ne rendono sensibile lo spazio rispetto alle cronache asfissianti e alle contraffazioni evidenti.
La tentazione di seguire molte direzioni è sempre forte anche se può condurre verso fenomeni di eclettismo, dai quali Nuova Meta si sente ben distante. Una rivista come questa, solitaria navicella nel mare della comunicazione, una rivista che imbarca opinioni di artisti e di critici di vario orientamento vorrebbe diventare sempre più un progetto che ha a che fare con il disagio sociale del lavoro artistico, un gesto d'attacco verso chi minimizza la realtà dell'arte, la tipicità del suo ruolo, l'indubbia vitalità della sua fede.
Per ora, si tratta di un gesto difensivo, usato per esempio per custodire quei pochi convincimenti e quelle idee necessarie al rispetto della cosiddetta arte contemporanea, offesa e fraintesa da qualunque fesso abbia il potere di farlo.
Certo è che una rivista come questa, dall'aria così perbene e forse anche innocua, con il suo sforzo di ottimismo per le sorti contemporanee dell'arte può sembrare patetica e velleitaria, vista la posizione di estrema separatezza in cui si muove. Non che le altre riviste, anche quelle più diffuse, non sentano queste preoccupazioni o non dimostrino i medesimi sforzi per solidificare la propria identità. Il fatto è che pare sempre più decisivo per una rivista tornare ad essere uno strumento di conflittualità, almeno nel senso di un progetto teorico e utopico che coinvolge le idee e la loro verifica diretta. Anche una rivista come Meta non può continuare ad essere un contenitore anonimo di tensioni individuali e collettive, un campo di ricreazione in cui si ritrovano dialogare platonicamente vecchi e nuovi amici.
In questo caso, non si farebbe altro che alimentare un gioco autistico sostenuto per lo più da una malinconica coscienza di esistere a futura memoria, di non avvertire più un minimo spazio d'azione tra politica e cultura, termini entro cui tradizionalmente ha sempre preteso di volersi collocare il ruolo artistico.
Una rivista come questa, che ha un direttore che sembra voler alimentare un'insopprimibile masochismo culturale perpetuando il privilegio dell'intellettuale che scarica le sue perplessità, senza mai risolverle; una rivista che segnala il disagio di «fare una rivista», di voler perpetuare l'urgenza di un impegno critico mentre a nessuno importa nulla delle riviste e dei suoi pareri critici. Dunque, non è forse proprio da questo tragico malessere che può paradossalmente scaturire un nuovo desiderio di scagliare i sogni e i segni dell'arte fuori dalla solitaria navicella in cui si diceva, affinché possa servirsene anche qualche ignaro navigante per la sua anonima rotta di avvicinamento al futuro?
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