Numero 6

Copertina Nuova Meta: N° 6

Sommario

  • Editoriale di Claudio Cerritelli
  • Quale critica di Flavio Caroli
  • Percorsi espositivi di Anna D'Elia
  • Esercizi di lettura di Lorenzo Mango
  • Ritratto d'autore: Giuseppe Chiari di Claudio Cerritelli, Susanna Holm
  • Inedito: Duchamp di Giuseppe Chiari
  • Interpretazioni di Dario Giugliano
  • Luoghi della scultura di Francesco Somaini
  • Voci di galleria di Marco Marchini
  • Collezionisti d'arte di Francesco Martani
  • Derive letterarie di Maurizio Medaglia
  • Memoria continua di Giuseppe Pittano
  • Parole e immagini di Alberto Ghinzani, Tommaso Binga, Giuseppe Desiato, Stelio Maria Martini, J.T.Ax
  • Viaggi su carta di Beppe Devalle
  • Poesie per l'arte di Annamaria Janin
  • Osservatorio di Rinaldo Sandri, Lino Cavallari, Matteo Chini
  • Foto unica di Giuseppe Mineo
  • L'arte fotografata di Salvatore Mazza
  • Eventi multimediali di Antonio Gasbarrini
  • Questioni di architettura di Jasmine Pignatelli
  • Arte e astrologia di Pietro Gentili
  • Questioni televisive di Bruno Bandini
  • Racconti di design di Patrizia Mello
  • Murales di Igina Biriaco

Editoriale

Che ne è del pubblico dell'arte contemporanea? Proviamo a riprendere retoricamente il discorso proprio dal problema del destinatario che, anche per le nostre minime riflessioni intorno all'arte odierna, rimane sempre molto importante. Questo destinatario s'è purtroppo allontanato, assottigliato, forse demotivato, ed ogni appello al suo buon ruolo è sempre più svuotato di senso, condannato come è - il sistema dell'arte - a ripetere il suo circolo vizioso, a riproporre sempre gli stessi comportamenti e - oggi più che mai - a piangere sulla sua assoluta precarietà.
Se accettiamo l'affermazione paradossale che non esiste un pubblico dell'arte contemporanea certo risolviamo tutti i problemi alla radice e ci portiamo oltre, lasciando alle possibilità individuali quella speranza che l'arte comunichi a ciascuno esperienze comuni, linguaggi comprensibili, modelli di conoscenza intersoggettiva.
A noi pare che il bisogno di fare e di fruire l'arte continui ad esistere mentre è vertiginosamente caduta la serietà del dibattito intorno alla produzione artistica, addirittura si sono estinte le occasioni pubbliche e private che una volta accoglievano un normale e sano confronto di idee o, anche solo, di presunte ideologie estetiche.
Non c'è comunque alcuna nostalgia per gli allegri scenari degli anni ottanta, essi sono per fortuna svaniti ma non è nemmeno possibile augurarsi il fuoco spento di questi giorni, l'assoluta mancanza di fiducia e l'inesistente senso di socialità che determina un tangibile gelo e un disperante disinteresse intorno all'arte.
Cose di sempre, si dirà, certo è vero: continuano a parlare di arte, artisti critici e lavoratori dell'arte, ma per quale tipo di situazione essi stanno lavorando, a quale ipotetico progetto si riferiscono, verso quale prospettiva indirizzano i loro atti quotidiani?
Il rifugio nella qualità del mestiere non basta, l'impegno nell'insegnamento e nella didattica è solo retorico, l'esaltazione della ricerca fine a se stessa è altrettanto nauseante, la giustificazione del proprio stato passivo con la drammatica crisi di tutte le istituzioni politiche è un alibi che non assolve nessuno.
Non si dica che il problema è quello di produrre arte di qualità o di scrivere libri seri se non siamo in grado di immaginare in quali luoghi esporre l'arte senza ricatti ideologici ed economici o presso quali case editrici pubblicare senza essere umiliati dalle condizioni con cui è trattato il lavoro culturale. Per rompere la paralisi che ci circonda bisogna immaginare un impegno concreto che sappia, intanto, non farsi "detenere" dagli scialbi discorsi di fine secolo che descrivono il piacere del millennio che muore e che abbia la forza, invece, di delineare una vita culturale capace di ritrovare fiducia nei grandi fermenti creativi che, proprio in questo secolo, sono venuti alla luce tra avanguardia e tradizione. Non si tirano le somme se si sono persi i numeri fondamentali del problema artistico contemporaneo che non è quello di intrattenere il pubblico lusingandone lo sguardo ma l'idea di scuoterlo dal suo splendido torpore conoscitivo.