Numero 7

Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Il piacere della polemica di Stefano Pizzi
- Quale critica di Guido Ballo
- Esercizi di lettura di Lorenzo Mango
- Attualità di Lea Vergine
- Ritratto d'autore: Eugenio Miccini di Claudio Cerritelli, Gudrun De Chirico
- Interpretazioni di Stelio Maria Martini
- Voci di galleria di Marco Marchini
- Il volto delle istituzioni di Valeria Tassinari
- Lavori in corso di Adriano Altamira, Paolo Iacchetti, Paolo Minoli, Alberto Veca
- Convegni di Fernando De Filippi
- Luoghi della scultura di Adriano Baccilieri
- Parole e immagini di Sonia Costantini, Giorgio Griffa, Mirella Bentivoglio, Maurizio Osti, Fausta Squatriti
- Viaggi su carta di Velda Ponti
- Poesie per l'arte di Nico Orengo
- Scritture per l'arte di Silvano Bussotti, Maria Grazia Torri
- Memoria continua di Annamaria Janin
- Percorsi espositivi di Luciano Caprile
- Osservatorio di Tonko Maroevic, Fumihiko Tanfuji, Tommaso Trini, Bruno Bandini
- Fotounica di Michel Kouri
- L'arte fotografata di Salvatore Mazza
- Congiunzioni di Bruno Bandini
- Derive letterarie di Maurizio Medaglia
- Racconti di design di Patrizia Mello
- Arte e architettura di Jasmine Pignatelli
Editoriale
Sembra che non sia più possibile per artisti e operatori estetici evitare il confronto con lo sviluppo dell'informatica, con le sue sofisticate tecniche di trasmissione dei dati, con quell'affascinante idea di comunicazione che si pone al di là dei condizionamenti spazio-temporali dell'oggetto artistico, questo mitico luogo che oggi rischia di perdere i suoi connotati fisici a favore di un dominio dell'immateriale.
Pur con il rischio di essere fraintesi, proviamo a difendere la ricerca artistica dalla inevitabile conversione ai nuovi comandamenti della ricerca multimediale. Potremmo sentirci dire, d'altro lato: pittura e scultura sono morte, segni colori e materie non sono più gli strumenti primari dell'arte, dunque che senso ha reagire alle sperimentazioni telematiche, alle straordinarie sintesi del computer: forse per paura che venga negata l'identità fattuale e artigianale dell'arte?
Questo timore pare del tutto infondato, almeno posto in questi termini. A ben vedere, continuare ad esplorare l'immaginario della pittura e della scultura, della fotografia o dell'architettura, non significa chiudersi nel mito di una cultura materiale fine a se stessa, incapace di servirsi delle nuove modalità della comunicazione. E non significa neppure arrendersi alla perdita di naturalità che gli strumenti tecnologici portano con sé modificando non solo il senso della vista ma anche il modo di pensare l'immagine. Di fronte ai recenti discorsi sulla realtà virtuale (dai mondi invisibili alle frontiere artificiali) cresce la convinzione che il corpo dell'arte può frequentare queste latitudini senza necessariamente cadere in un vortice senza ritorno, proprio perché è costitutivamente in grado di trarre vantaggio dai linguaggi multimediali senza perdere la propria energia, visibile dal gesto sulla carta alla quintessenza digitale.
Se è vero che la visione telematica tende ad assottigliare il valore fisico delle immagini è altrettanto certo che il sistema linguistico artificiale non può determinare l'immagine dell'arte in modo radicale: non può, in sostanza, essere al suo posto senza intaccare i profondi meccanismi che ne determinano la presenza originaria. Gli artisti non possono essere sostituiti da macchine intelligenti o, meglio, questo potrebbe anche avvenire ma solo a patto che ci si muova su un diverso piano del discorso e non si confonda l'esperienza dell'arte con le tecnologie della comunicazione. Se vogliamo parlare di arte e di artisticità bisogna avere il coraggio di ribadire che la figura dell'artista non è sostituibile: essendo, nonostante tutto, l'elemento guida. Del resto, se si annulla l'impronta dell'uomo, la presenza del corpo, la sua capacità di trasformare il mondo circostante in "segni e sogni" non si rinuncia forse all'idea stessa di arte a favore di fantasmi comunicativi immateriali, a vantaggio di una sostanza senza fisicità?
Interrogarsi su questo punto significa non subire il potere della tecnologia elettronica ma saperla incontrare sul piano immaginativo, usandola come strumento e prolungamento di quell'emozione creativa che solo il poeta. il musicista. il pittore sa dare.