Numero 8

Copertina Nuova Meta: N° 9

Sommario

  • Editoriale di Claudio Cerritelli
  • Quale critica di Tommaso Trini
  • Esercizi di lettura di Claudio Cerritelli
  • Autobiografia d'artista di Giuseppe Desiato
  • Archivio di Giuseppe Desiato
  • Inedito di Patrizia Vicinelli
  • Interpretazioni di Francesco Bartoli, Bruno Bandini
  • Voci di galleria di Marco Marchini
  • Percorsi espositivi di Miriam Cristaldi
  • Visite d'arte di Luciano Caprile
  • Luoghi della scultura di Alfredo Taracchini Antonaros
  • Primo piano di Stefano Medaglia, Italo Bressan
  • Parole e immagini di Alberto Barbieri, Lucilla Catania, Enrico Della Torre, Franco Giuli, Francesco Impellizzeri, Mario Persico
  • Poesie per l'arte di Alessandro Mozzambani
  • Osservatorio di Piero Quaglino, Jasmine Pignatelli
  • Personaggi di celluloide di Dario Giugliano
  • Fotounica di Luigi Erba
  • Arte e musica di Silvia Mugavero
  • Congiunzioni di Pietro Gentili
  • Arte e architettura di Alessandro Innocenti
  • Racconti di design di Anna Villa

Editoriale

Partiamo da un argomento che il "discorso" di Meta non ha mai trascurato, vale a dire il comportamento dell'artista che spesso oscilla dalla più incomprensibile umiltà all'autoproclamazione, dall'ingenuità assoluta all'opportunismo fastidioso, dall'assenza di aspirazioni professionali alla stretta osservanza delle regole commerciali, dalla generosità culturale alla crudeltà di giudizio. Si dirà che queste sono oscillazioni che caratterizzano ogni professione che si rispetti ma nel caso dell'artista esse sembrano estranee alla sua mitologia. Ancora una volta si tratta di non credere alla bella favola che descrive l'artista impegnato a costruire fantasie prive di fondamento, senza alcun rapporto non solo con la storia ma anche con la cronaca dei nostri giorni. Persuaso che essenziale per l'arte sia la ricerca dell'assoluto il ruolo dell'artista continua ad esprimere la tendenza ad eludere il concreto, a immaginarsi altrove, e a non vedere ciò con cui va quotidianamente a fare i conti, vale a dire quell'insieme di rapporti materiali che fanno la vita e, perché no, l'arte. D'altro lato, non si sopporta neppure l'eccesso contrario, l'opportunismo metodico che soprattutto i giovani artisti hanno dimostrato di saper esercitare con una sorprendente capacità di muoversi nel reticolo della comunicazione, sul terreno imprevedibile dell'informazione. Un comportamento vale l'altro allora, il rischio è l'intercambiabilità delle posizioni, l'accettazione rassegnata di ogni atteggiamento esistente, l'impossibilità di modificare (si tratta sempre di modificare) una situazione di sostanziale mediocrità in cui gli operatori artistici sono sprofondati, noi per primi: costretti a fronteggiare il senso di arretratezza in cui il lavoro culturale si muove. Questa consapevolezza può portare, artisti e critici e chiunque altro si muova su questo terreno, al paradosso di non avere più ideali, di non aver volontà di dar senso alle storie più o meno creative che caratterizzano le vicende di questi anni. Il paradosso è che la coscienza degli esigui margini di incidenza del lavoro artistico hanno appiattito il valore del pensiero creativo a favore di una razionalizzazione dei comportamenti fino al punto in cui l'arte sembra aver perduto il senso originario del suo esserci, per diventare strumento di intrattenimento. Quante amministrazioni pubbliche continuano a ignorare gli artisti contemporanei e a considerare l'arte come uno mezzo di pura promozione, quante mostre di divulgazione non rivelano più alcuna attenzione per la qualità scientifica del progetto espositivo? Vecchie questioni, certo, che sono la misura della riduzione della fruizione artistica alla regola del marketing ma sono anche il segno di una diffusa incapacità di trasformare l'autonomia del lavoro artistico in un progetto che si ponga a fronte della logica perversa che promuove l'arte come bisogno di massa e, nel contempo, ignora la sua esistenza come valore individuale.