Numero 10

Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Il piacere della polemica di Claudio Olivieri
- Interpretazioni di Lorenzo Mango
- Ritratto d'autore: Luigi Veronesi di Claudio Cerritelli
- Luoghi della scultura di Raffaella Pulejo
- Voci di galleria di Marco Marchini
- Video Arte di Paolo Darra
- Primo piano di Giovanni Campus
- Riflessioni d'artista di Paolo Iacchetti
- Parole e immagini di Luce Delhove, Luca Maria Patella, Getulio Alviani, Mimmo Rotella
- Poesie per l'arte di Antonio Colinas
- Scritture per l'arte di Gianfranco Pardi
- Viaggi su carta di Edoardo Franceschini
- Percorsi espositivi di Maurizio Medaglia
- Estetica di Bruno Bandini
- Osservatorio di Jacqueline Ceresoli, Antonio Gasbarrini, Riccarda Turrina, Elena Pontiggia
- Collezionismo di Giorgio Ferretti
- Derive letterarie di Anna D'Elia
- Personaggi di celluloide di Francesco Margstahler
- Arte e astrologia di Pietro Gentili
- Congiunzioni di Alessandro Brodini
- Istituzioni pubbliche di Eugenio Riccitelli
- Altreriviste di Bérénice
Editoriale
Si continua ad eludere la necessità dell'impegno, anzi a dichiararne superata la funzione nell'odierna globalità comunicativa, e a non fare delle scelte: scelte creative e teoriche, scelte personali e collettive. D'altro lato, si rimane ancorati alla solita esigenza di identificare l'arte con la propria idea dell'arte, la cultura con i propri modi di intenderla, la morale con i residui della propria visione del mondo.
Ci si aggira come isole, come mondi separati, come individui delusi, senza fiducia verso coloro che vivono la stessa dimensione o, almeno, credono di condividere le stesse esigenze.
Non per generalizzare, ma questo blocco ormai fin troppo esteso intorno al progetto di un'arte socialmente riconoscibile e comunicabile stenta a ritrovare concreti punti di confronto. Non si può non notare, con una vena di sano pessimismo, che tutto gira intorno all'impossibilità di coordinare forze e idee esistenti che non siano riconducibili, nel migliore dei casi, ad un irrazionalismo culturale, nel peggiore: ad una passività incapace di tramutarsi in un concreto progetto di relazione con le dinamiche del reale.
Ma è proprio vero - mi chiedo non senza disperazione - che si debba continuare a lavorare per il proprio orto circoscritto, per la specie artistica specializzata nel proprio specifico discorso, senza più la solidarietà del pubblico, senza il confronto necessario, persino il conforto umano, adeguandosi ad un modello tutto indiretto di comunicare i materiali creativi, quelli che una volta si chiamavano messaggi dell'arte.
Se la maggior parte degli artisti esprime una certa ironia nei confronti delle attuali propagande multimediali, bisogna riconoscere che questo tipo di critica dell'esistente non può competere con il consumo edonistico della comunicazione.
In questo senso, il rischio è quello di affidarsi idealisticamente ad un sentimento di libertà creativa, voglio dire uno spazio utopistico a cui tendere come al proprio luogo di origine.
E nessuno può chiamare questo atto come pura consolazione: si tratta piuttosto di una rinnovata tensione verso l'arte e le sue procedure. In effetti, si può dire che questa scelta non è l'ultima spiaggia nell'attuale situazione, anzi mi pare che sia il fondamento a cui da sempre la figura dell'artista ha ancorato il suo destino, la felicità o l'angoscia del suo elaborare linguaggi intersoggettivi. Il morbido silenzio che da anni è calato sulle vicende dell'arte contemporanea è connaturale al suo stesso modo di essere, a quell'urgenza di militare per i valori della poesia e dell'immaginazione, dell'universo visibile ma soprattutto di quello invisibile, non ancora conosciuto. E allora non illudiamoci che l'arte possa avere le masse giovanili dei concerti di musica o l'utenza ipnotizzata dal divismo televisivo o l'adesione spropositata verso ogni tipo di spettacolarità.
Auguriamoci piuttosto un pubblico davvero desideroso di avvicinare le opere, non di essere stordito ma intrigato dalla loro presenza. Insomma: un pubblico capace di cogliere quel vissuto culturale della comunicazione artistica senza il quale non si fa politica, vale a dire non si è in grado di realizzare un modello di vita collettiva degno di questo nome.