Numero 12/13

Copertina Nuova Meta: N° 12/13

Sommario

  • Editoriale di Claudio Cerritelli
  • Ritratto d'autore: Renato Ranaldi di Claudio Cerritelli
  • Memoria continua di Sileno Salvagnini
  • Campi teorici di Bruno Bandini
  • Riflessioni di Raffaella Pulejo
  • Intervista possibile di Laura Cherubini
  • Il volto delle istituzioni di Raffaella Resch
  • Luoghi della scultura di Maurizio Sciaccaluga
  • Primo piano di Elisabetta Longari
  • Voci di galleria di Marco Marchini
  • Laboratori d'arte di Coca Frigerio
  • Interpretazioni di Luca Galli
  • Parole e immagini di Ermanno Leinardi, Piera Legnaghi, Albano Morandi, Medhat Shafik, Carlo Bernardini
  • Musica e parole di Hans Jürgen Gerung
  • Scritture per l'arte di Dr. Hyde
  • Poesie per l'arte di Alda Merini, Anna Maria Janin
  • Osservatorio di Marco Meneguzzo, Richard Cork, Claudia Pagani, Malipiero, Flaminio Gualdoni, Victor De Circasia, Enrico Gusella, Elena Pontiggia, Claudio Cerritelli
  • Gioielli d'artista di Toti Carpentieri
  • Arte e astrologia di Pietro Gentili
  • Favola di Anonimo del secondo millennio

Editoriale

La fine di un secolo, e insieme di un millennio, spinge tutti a fare bilanci e ricapitolazioni di quanto è avvenuto, a tentare sintesi e graduatorie intorno a quello che il mondo dell'arte ha espresso in un secolo indubbiamente denso di eventi e di novità, in tutti i campi della conoscenza, dalla ricerca artistica a quella scientifica.
Dal punto di vista del sistema dell'arte si è consolidata l'acuta percezione che la sua struttura non è affatto lineare e che l'artista cerca invano di afferrare quelle regole, che invece scivolano via, dalle sue mani in uno spazio fluido e, talvolta, contraddittorio.
Con il suo buon carico di progetti, di utopie, di pratiche con cui ha difeso la sua identità per tutto un secolo una forma d'arte come la pittura affronta il nuovo secolo con la convinzione e il dovere di riaffermare il fondamento del suo soggetto, il senso della sua pratica infinita, congiungendo il rigore dell'analisi e l'intuizione interiore, cose di non poco conto, rispetto alle quali si commettono i peggiori abusi.
E' solo contrastando le false procedure del colore, le citazioni superficiali e le menzogne teoriche, che il percorso della pittura può essere ancora misterioso e imprevedibile, una verità ben più complessa di quella che le estetiche virtuali credono di cogliere. Se la pittura ha ancora una necessità essa è quella di farci sognare mondi inesplorati, immagini sconosciute, visioni che qualificano lo spazio dell'uomo e la possibilità di trasformarlo da uomo a uomo.
Diversamente, il sistema delle apparenze e delle simulazioni- che tanta importanza riveste nell'attuale sistema comunicativo- potrebbe schiacciare senza rimedio un modo di esprimersi, la pittura appunto, che non può essere sostituito da nessun altro mezzo tecnologico.
In questa ostinata fiducia nell'esperienza poetica e irripetibile del colore, non c'è un banale rifiuto della scienza o una ingenua paura per l'estetica del virtuale, sarebbe come ignorare la straordinaria ricchezza comunicativa che sta sotto i nostri occhi. Al contrario, parlare di pittura al cospetto di un'arte che fonda la propria verità sulla seduzione immateriale del linguaggio significa considerare il presente come una totalità immaginativa capace di far coesistere il gesto della mano che traccia un segno accanto all'atto digitale del computer. Si tratta di modi compresenti di un mondo complesso dove nulla va escluso a priori e tutto è possibile purché le differenze di tipo ideologico siano comprese in un ordine totale del discorso, e non rispondano ad un uso parziale.
Chi può oggi dirsi un vero creatore, che senso ha augurarsi l'esistenza di questa figura? Quale pittore può arrogarsi un simile ruolo tra gli eventi multimediali dell'attualità? E inoltre: quale immagine pittorica può ancora competere con la tradizione del pensiero creativo?
Risposte certo non si danno a questi interrogativi per nulla retorici, il fatto è che quel soggetto ideale, inquieto, sempre più marginale che è l'artista deve essere sempre in grado di riscattare se stesso di fronte alla natura dell'immaginario.
In tale senso, non esiste confronto con le cronache insipide dell'indaffaratissima cultura multimediale, non si tratta tanto di imboccare le vie quantitative del mondo ma di prendere ciò che essenziale. Nell'odierna banale esaltazione del millennio che viene si dimentica la folle intensità del millennio che muore, le utopie estetiche e sociali che lo hanno reso attraente, e di cui non si può fare facilmente a meno.