Numero 19/20

Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Ritratto d'autore: Tullio Perico di Tullio Pericoli
- Appunti teorici di Bruno Bandini
- Grandi mostre di Paolo Minetti
- Riflessioni di Alberto Veca
- Interpretazioni di Elena Modorati
- Musei di Maurizio Medaglia
- Intervista di Elisa Del Prete
- Memoria continua di Paolo Minoli
- Parole e immagini di Francesco Ceriani, Paolo Scirpa, Carlo Cioni
- Scritture per l'arte di Giorgio Cardazzo
- Profili di Fausta Squatriti
- Editoria di Alberto Veca
- Osservatorio di Patrizia Serra, Giorgio Celli
- Derive letterarie di Enrico Badellino
- Racconti di Tonino Milite
- Nuove gallerie di Massimo Ghisi, Eleonora Papponetti
- Scultura urbana di Gaia Mazzucchelli
- Riletture di Bruno Romani
- Fotografia di Chiara Lanzani
- Archivi di Rosanna Ruscio
- Arte e ceramica di Riccardo Zelatore
- Arte e teatro di Marilisa Leone
- Arte e scenografia di Chiara Toloni
Editoriale
Ricordando le parole di Mario Luzi
(...)
Cerco sempre di capire l'emozione originaria del lavoro di un artista, il movente, i motivi da cui si origina il fare arte. Non ho un metodo o un sistema, ho solo la necessità di questo colloquio con l'opera e con l'artista, quando egli si esprime direttamente e non in astratto.
(...)
Non ho mai inteso di fare la prosa d'arte, anche se ho scritto diverse prose, ho sempre cercato di mettere a fuoco le diverse situazioni degli artisti. Questa attività mi ha giovato per ricondurre il linguaggio poetico alla sua fonte, vale a dire per "reimmergere" la parola dentro questa aderenza, quasi programmatica, alle cose.
(...)
(La dimensione visiva della parola) è un rapporto che si esprime attraverso un quadro, uno spazio, una cornice, come un cosmo che si può vedere con gli occhi dell'immaginazione. Questo aspetto è sempre presente nella mia poesia, soprattutto nel primo periodo, è presente come spazio preliminare, il foglio bianco, che è la condizione dell'immagine.
(...)
(L'idea di metamorfosi) è stata una caratteristica costante. Quando ho cominciato a scrivere e mi sono affacciato per la prima volta sulla scena letteraria c'era quasi un senso di frustrazione proprio dell'esperienza umana, la sensazione che tutto fosse già stato fatto: il deserto, il naufragio, gli ossi di seppia, il valore di questa visione. Io ho invece sentito sempre una spinta verso il possibile, l'eventuale, verso qualcosa che stava a noi di vivere. Quindi, questo senso della sconfitta l'ho rifiutato, non polemicamente, ma l'ho rifiutato perché non corrispondeva al mio sentire. Tutto il mondo poteva cambiare e anche noi, nel mondo, potevamo cambiare. Io poi mi sono molto riconosciuto nelle posizioni di chi pensa come - Theilard de Chardin - che la storia umana non sia segnata ma continua, è un ingrediente del continuo divenire. Penso che noi siamo, anche dentro le nostre miserie, comunque attivi, partecipi di quello che sta accadendo. In questo senso l'idea di metamorfosi è implicita, l'ho sentita anche nell'arte.
(...)
(La corrispondenza delle arti) è un movimento continuo di accostamento e di separazione. Prima della guerra questa corrispondenza era più frequente, almeno sul piano dell'intenzione e dell'amicizia, psicologica e affettiva. Si trattava di un interessamento reciproco, specialmente tra pittori e poeti, ma anche i musici. Dopo la guerra è successo che ogni arte si è ritirata nella sua specificità, perché ha quasi dovuto difendere il suo alfabeto. Anche questo momento è passato e, oggi, c'è un richiamo abbastanza vivo tra le arti.
(...)
(Il rapporto con l'arte) è stato un primo amore ma non è mai finito, sento che esiste sempre, come possibilità, come richiamo a momenti felici, momenti dati, momenti di grazia.
(da un colloquio con Claudio Cerritelli, Nuova Meta n° 15)