Numero 22

Sommario
- Editoriale di Claudio Cerritelli
- Ritratto d'autore: Vasco Bendini di Claudio Cerritelli
- Inediti di Luigi Sansone
- Confronti di Silvia Ferrari
- Memoria continua di Alberto Veca
- Riflessioni di Bruno Bandini
- Interpretazioni di Nanni Menetti
- Polemiche di Giorgio Bonomi
- Interviste di Arnaldo Pomodoro
- Parole e immagini di Marco Campanini, Silvio Canini, Giovanna Fra, Elena Modorati, Aurelio Sartorio, Misia De Angelis, Alessandro Fieschi, Marco Grimaldi, Ayako Nakamiya, Elena Strada, Rossella Rapetti
- Letteratura di Ulisse Jacomuzzi
- Osservatorio di Marilisa Leone, Enrico Badellino
Editoriale
Proponiamo la rilettura di alcune considerazioni espresse in un articolo di Mario Negri pubblicato sul numero 307 di Domus (giugno 1955): un frammento emblematico che può servire a riflettere intorno alla situazione artistica in Italia attraverso il pensiero di chi, mezzo secolo fa, con discrezione e sensibilità metteva il dito in una piaga ancora aperta.
"Un'Italia che ha bisogno di acquistar credito nel mondo anche e soprattutto nel campo culturale, un'Italia che non deve quotidianamente subire l'umiliazione di sentirsi ricordata solo per il suo grande passato e ridursi ad essere schiva, insicura e reticente del proprio presente, un'Italia, infine, cui noi crediamo, civile e viva nel mondo attuale, ricca di una civiltà figurativa che nel campo della scultura non è seconda a nessuno, ha il dovere morale di riscattarsi dalla vergognosa passività, dall'immobilismo, dall'indifferenza in cui giace rispetto ai suoi migliori artisti, artisti che dovrebbero essere fatti conoscere nel mondo almeno in misura adeguata al loro merito.
Obiettivamente bisogna riconoscere che a tal fine, ufficialmente, ben poco viene fatto e quel poco che si fa il più delle volte viene fatto male e in modo approssimativo. Non c'è quindi falso pudore che valga, ai nostri occhi, per tacere e non denunciare questo stato di cose, come neppure avrebbe da esservi reticenza alcuna a prendere ed a seguire l'esempio di quanto con molta intelligenza e avvedutezza fa lo Stato Francese per molti artisti francesi o il "British Council" per i pochi artisti inglesi. Intendiamo parlare di quanto non viene fatto da parte dello Stato per un'azione illuminata e dignitosa, continua e non sporadica, vigile e dinamica di divulgazione, di affermazione dell'arte italiana contemporanea e specie di quei nomi d'artisti che la fanno vivere; ed, inoltre, di come inesistente sia la solidarietà che essi trovano all'estero presso i nostri rappresentanti ufficiali, il più delle volte assenti o indifferenti. Questi coraggiosi artisti vivono, per quanto riguarda l'appoggio che ricevono dallo Stato, nella più completa ed abbandonata solitudine. Ma perché non ci si chiede mai quanto essi ricevano in cambio di quanto danno per il buon nome dell'arte italiana contemporanea, per dimostrare che in Italia l'arte non è una sopravvivenza ma un fatto vitale?
Al contrario, accade che proprio in Italia l'opera di questi artisti non venga seguita, quando non sia del tutto ignorata o addirittura combattuta e avvilita. (...)