Numero 29

Copertina Nuova Meta: N° 29

Sommario

  • Editoriale di Claudio Cerritelli
  • Ritratto d'autore: Pietro Coletta di Claudio Cerritelli, Luigi Sansone
  • Riflessioni di Bruno Bandini
  • Eventi di Simona Santini
  • Indagini di Anna Comino
  • Ricerche di Leonardo Capano
  • Ricognizioni di Diego Viapiana
  • Memoria continua di Elisabetta Longari
  • Esposizioni di Carlo Vita
  • Laboratori di Carla Sanguineti
  • Museologie di Franco Forzani Borroni
  • Storiografie di Carlo Vita
  • Dialoghi di Mino Ceretti
  • Concorsi di Luisa Giacobbe
  • Parole e immagini di Simone Berrini, Tonino Milite, Katia Orgiana
  • Poesie per l'arte di Alessandra Bonoli
  • Osservatorio di Claudio Cerritelli

Editoriale

Corre nel gran contesto dei centenari che ci attendono durante il 2009 anche quello del Premio Nobel che nel 1909 fu assegnato a Guglielmo Marconi, figura da sempre evocata nelle esperienze del mondo artistico come esempio di ricerca e di sperimentazione basata sull'intuizione e sulla volontà di esplorare modi non convenzionali del comunicare.
Questo grande pionere delle radio-comunicazioni transatlantiche è diventato un mito nell'ambito di molteplici situazioni culturali rispetto alle quali il campo delle arti si è misurato con i propri specifici strumenti nel tentativo costante, dalle dinamiche del Futurismo in poi, di esplorare le relazioni con le componenti scientifiche della sperimentazione percettiva. Ecco allora che il centenario marconiano può essere l'occasione per riflettere sugli orientamenti che il rapporto tra arte e scienza ha seguito, non senza ambiguità e contraddizioni, nel corso di delle molteplici avventure del '900. Un'avventura che si protae fino alle attuali tensioni verso la comunicazione globalizzata, mappa di problemi di non semplice definizione e, al tempo stesso, carica di affascinanti progettualità rivolte al futuro.
Ma prim'ancora di confrontarsi con la rivoluzione informatica che ha modificato i rapporti economici e politici mondiali, è necessario non dimenticare i movimenti di idee che hanno messo in luce il rapporto tra ricerca scientifica ed esperienza artistica, tra tradizione e innovazione.
Tra questi contributi disseminati sulle sponde degli ultimi cinquant'anni meriterebbe maggiore attenzione la lettura o rilettura degli scritti che Umbro Apollonio, uno degli studiosi di rara capacità analitica della critica d'arte contemporanea. Nel corso dei suoi studi emergono specifiche riflessioni intorno alle connessioni tra invenzione artistica e orizzonte scientifico, ricerche considerate mai in antagonismo con le qualità individuali dell'uomo. Si tratta di ragionamenti scaturiti dalla conoscenza diretta delle opere e degli artisti, percorsi che servono a misurare nel giusto modo il rapporto tra arte e scienza senza lasciarsi contagiare da apocalittici timori o da fin troppo esaltanti utopie globalizzanti.
Quando parla del necessario rapporto dell'arte con lo spirito scientifico dell'epoca, Apollonio non pensa ad un "adattamento passivo e tanto meno all'accettazione di un dominio tecnocratico". Egli indica piuttosto "il contributo sul piano estetico di iniziative operanti entro le dimensioni di quegli istituti o, meglio, nella direttrice, anche metodologica, delle finalità che animano o sostanziano quello spirito".
Analizzando, non a caso, il lavoro di artisti totali come Max Bill, la cui opera è considerata luogo di verifica del rapporto tra arte e scienza, il nostro critico riconosce che il maestro-guida svizzero, "nella sua intransigenza morale oltre che artistica, ha dimostrato che la fanatsia può essere controllata e che il rigore costruttivo non esclude l'apporto immaginativo".
D'altro lato "ne consegue che l'esperienza estetica contemporanea si svolge con procedimenti di organizzazione senza imitare i risultati della scienza, ma assumendone lo spirito informatore e si dà a tentare per simile via un acquisto di conoscenza, superando le insidie di uan concezione quantitativa".
Elementi di riflessione, dunque, che si pongono come una lezione etica ed estetica incentrata sul carattere immaginativo dell'arte, per evitare il sicuro fallimento della sua funzione in un'epoca che sta andando sempre più verso uno sradicamento dell'uomo dai suoi contesti antropologici.